03-04-2025, 05:48 PM

G'Vera Roc
Klingon
Evitare una strage. Quella era una motivazione che poteva accettare, per quanto giustificasse solo in parte la decisione arbitraria di Korinna. Non è l'unica a voler salvare più persone possibile, Suder. Ribatté G'Vera, infastidita. Per farlo, avremo bisogno di poterle portare via di qui in sicurezza. Mettere a rischio questa navetta significa anche mettere a rischio i miei pazienti, se lo ricordi. Non aggiunse altro, non era il momento adatto per le polemiche. Che Korinna avesse fatto bene o male a passare il loro codice di sicurezza alla Ko'Tal, l'avrebbero scoperto quando fosse giunto il momento. Per ora, G'Vera aveva intenzione di concentrarsi unicamente sul suo dovere. Se poi i romulani si fossero veramente presentati, poteva solo sperare che le loro abilità di pilotaggio si sarebbero rivelate sufficienti ad evitare di venir abbattuti.
Mentre Korinna si infilava la tuta, G'Vera si concentrò totalmente sul pilotare la navetta. Prima di lasciare la navetta, si inietti questo. Disse, passandole un ipospray di hyronalina e lectrazine. Lasciati i comandi alla betazoide, si affrettò anche lei a mettersi la tuta anti-radiazioni. Fece appena in tempo a cambiarsi, che l'esplosione delle cariche illuminò lo schermo. Iniettatasi l'ipospray e recuperata la valigetta medica, G'Vera raggiunse il portello e si aggrappò all'apposita maniglia con la mano libera. Sono in posizione. Avvertì la collega, mentre questa completava la manovra di attracco.
Ci furono diversi scossoni, poi la navetta si fermò. Quando il portello si aprì davanti a lei, G'Vera si affrettò a scendere. La shuVak era atterrata nel bel mezzo di un corridoio. Issarra aveva fatto un buon lavoro nel controllare l'esplosione: oltre al grosso varco nello scafo, non c'erano altri danni evidenti se non qualche frammento sparso nell'area e dell'attrezzatura fuori posto. Un campo di forza, programmato nello stesso modo di quello dell'hangar navette, aveva impedito la dispersione dell'atmosfera. G'Vera gli lanciò solo una veloce occhiata, notando con sospetto degli elementi di instabilità sulla sua superficie. Per il momento stava funzionando ma era evidentemente affetto dalle radiazioni: non avrebbero potuto contare troppo sulla sua integrità strutturale. In ogni caso, era sollevata dalla sua presenza: con le tute addosso, lei e Korinna non avevano necessariamente bisogno di aria respirabile ma non si poteva dire lo stesso per Issarra. Se l'ingegnere non avesse pensato di implementare quel campo di forza, tutto quello che le sarebbe rimasto da fare sarebbe stato recuperare il suo cadavere congelato dallo spazio.
Parlando di Issarra, non si vedeva. G'Vera attivò il comunicatore. Issarra, ho bisogno della sua posizione. Non ricevette risposta, e questo la preoccupò. Nella migliore delle ipotesi, aveva perso conoscenza; nella peggiore, era rimasto coinvolto nell'esplosione e sbalzato fuori bordo prima che si attivasse il campo di forza. Estratto il tricorder tattico, fece partire una scansione: i sensori rilevarono una presenza nell'area oltre a lei (e Korinna in allontanamento) ma, a causa delle radiazioni, non riuscirono a stabilire la sua esatta posizione. G'Vera imprecò.
Rinunciando all'ausilio del tricorder, percorse il corridoio fino a dove curvava, cercando un punto dove Issarra avrebbe potuto trovar riparo. Lì, finalmente, trovò una porta. La aprì, entrando in una specie di magazzino, e lo vide. Era accovacciato contro una parete, immobile. G'Vera lo raggiunse e si inginocchiò al suo fianco. Il suo respiro era lento, il suo polso debole, ma era vivo. Estratto un ipospray di hyronalina dalla valigetta medica, premette l'iniettore contro il collo dell'ingegnere e lo attivò. Issarra, si svegli. Lo chiamò, non non ci fu alcuna reazione.
Con un sospiro, G'Vera gli afferrò un braccio e se lo mise sulle spalle. Appoggiato il corpo dell'uomo contro la sua schiena, lo sollevò con fatica. Maledicendo mentalmente le antiche divinità defunte, G'Vera cominciò a trascinarlo verso la navetta.
Mentre Korinna si infilava la tuta, G'Vera si concentrò totalmente sul pilotare la navetta. Prima di lasciare la navetta, si inietti questo. Disse, passandole un ipospray di hyronalina e lectrazine. Lasciati i comandi alla betazoide, si affrettò anche lei a mettersi la tuta anti-radiazioni. Fece appena in tempo a cambiarsi, che l'esplosione delle cariche illuminò lo schermo. Iniettatasi l'ipospray e recuperata la valigetta medica, G'Vera raggiunse il portello e si aggrappò all'apposita maniglia con la mano libera. Sono in posizione. Avvertì la collega, mentre questa completava la manovra di attracco.
Ci furono diversi scossoni, poi la navetta si fermò. Quando il portello si aprì davanti a lei, G'Vera si affrettò a scendere. La shuVak era atterrata nel bel mezzo di un corridoio. Issarra aveva fatto un buon lavoro nel controllare l'esplosione: oltre al grosso varco nello scafo, non c'erano altri danni evidenti se non qualche frammento sparso nell'area e dell'attrezzatura fuori posto. Un campo di forza, programmato nello stesso modo di quello dell'hangar navette, aveva impedito la dispersione dell'atmosfera. G'Vera gli lanciò solo una veloce occhiata, notando con sospetto degli elementi di instabilità sulla sua superficie. Per il momento stava funzionando ma era evidentemente affetto dalle radiazioni: non avrebbero potuto contare troppo sulla sua integrità strutturale. In ogni caso, era sollevata dalla sua presenza: con le tute addosso, lei e Korinna non avevano necessariamente bisogno di aria respirabile ma non si poteva dire lo stesso per Issarra. Se l'ingegnere non avesse pensato di implementare quel campo di forza, tutto quello che le sarebbe rimasto da fare sarebbe stato recuperare il suo cadavere congelato dallo spazio.
Parlando di Issarra, non si vedeva. G'Vera attivò il comunicatore. Issarra, ho bisogno della sua posizione. Non ricevette risposta, e questo la preoccupò. Nella migliore delle ipotesi, aveva perso conoscenza; nella peggiore, era rimasto coinvolto nell'esplosione e sbalzato fuori bordo prima che si attivasse il campo di forza. Estratto il tricorder tattico, fece partire una scansione: i sensori rilevarono una presenza nell'area oltre a lei (e Korinna in allontanamento) ma, a causa delle radiazioni, non riuscirono a stabilire la sua esatta posizione. G'Vera imprecò.
Rinunciando all'ausilio del tricorder, percorse il corridoio fino a dove curvava, cercando un punto dove Issarra avrebbe potuto trovar riparo. Lì, finalmente, trovò una porta. La aprì, entrando in una specie di magazzino, e lo vide. Era accovacciato contro una parete, immobile. G'Vera lo raggiunse e si inginocchiò al suo fianco. Il suo respiro era lento, il suo polso debole, ma era vivo. Estratto un ipospray di hyronalina dalla valigetta medica, premette l'iniettore contro il collo dell'ingegnere e lo attivò. Issarra, si svegli. Lo chiamò, non non ci fu alcuna reazione.
Con un sospiro, G'Vera gli afferrò un braccio e se lo mise sulle spalle. Appoggiato il corpo dell'uomo contro la sua schiena, lo sollevò con fatica. Maledicendo mentalmente le antiche divinità defunte, G'Vera cominciò a trascinarlo verso la navetta.